Lunedì, ti svegli come al solito per iniziare una nuova settimana, ma questa volta non puoi non lasciare andare lo sguardo sulla cassettiera di fronte al letto della tua stanza. Ci sono 5 modellini che ti guardano, ti osservano, 5 modellini che ci sono e ci sono sempre stati da ormai anni a questa parte, ma che nelle ultime settimane hanno acquisito un valore ancora maggiore. E non si parla di valore economico.
69, 69, 1, 69, 69. Questi i numeri impressi su quelle moto, due Ducati rosse fiammanti e 3 Honda, tutte con un denominatore in comune, tutte moto di quel pilota che – senza forse neanche spiegarsi il motivo – è diventato fin dal suo esordio il tuo “pilota preferito”, quel pilota che avresti seguito anche se avesse corso nel campionato di tricicli. Quel pilota è Nicky Hayden.
Erano gli anni della rivalità tra Valentino Rossi e Max Biaggi, ma l’anno di esordio di Hayden vedeva anche la tragedia di Daijiro Kato, proprio nel Gran Premio di esordio dell’americano, che chiudeva in settima posizione la sua prima gara nel Mondiale MotoGP.
O eri di Rossi o eri per Biaggi, o al massimo seguivi la moto e preferivi la Ducati di Loris Capirossi, ma la vera contrapposizione era tra i due eterni rivali, in un periodo in cui il massimo campionato mondiale di motociclismo era una sorta di giardino privato dei piloti italiani. Eppure, strano a dirsi, ma a chi scrive non piaceva nè l’uno, nè l’altro.
7 anni verso la fine della stagione, ma le idee erano già abbastanza chiare, seppur fossi piccolo. Hayden, nello stesso box di Valentino Rossi, faticava, doveva adattarsi in fretta ad una moto mai guidata con un compagno scomodo nel box, non uno qualsiasi, ma il pilota probabilmente più forte della storia. Nel suo momento migliore, con la moto migliore.
Imbattibile, imbattuto e per chi vedeva costantemente il confronto a parità di moto e sotto lo stesso tetto, doveva essere una batosta incredibile. Ma non per Hayden, il numero due perfetto, quel pilota che seppur giovane non si lamentava mai, ma continuava nel silenzio a lavorare, per cercare di diventare quel numero uno che voleva essere. Ma la Honda la pensava diversamente.
Andato via Rossi alla fine del 2003, la scelta per la sostituzione del pesarese è stata Alex Barros, pilota verso il viale del tramonto, ma comunque insignito dei gradi di prima guida, con le moto ufficiali del Team HRC date anche – seppur in altri team – a Max Biaggi, con Sito Pons, e Sete Gibernau, per i colori del Team Gresini.
Un paio di podi ed una ottava posizione generale in campionato però non bastano alla Honda per fare di Hayden la vera prima guida del Team. Viene scaricato Barros ed il suo posto viene preso da Max Biaggi, che con il Team ufficiale HRC doveva puntare ad essere il primo antagonista di Valentino Rossi e puntare al titolo mondiale. Non succederà.
Nicky sovrasta quasi durante tutto l’anno il 4 volte campione del mondo Max Biaggi, conquista la sua prima vittoria in carriera in quella Laguna Seca che per lui è casa, nell’esatto momento – ironia della sorte – in cui chi scrive è in vacanza ed è impossibilitato a vedere quella corsa. Beffa delle beffe, ma per Hayden è una gioia incredibile, che gli da morale in vista del prosieguo del campionato. Chiuderà terzo, beffato da Melandri per pochi punti, la sua miglior stagione in carriera fino a quel momento.
Prima guida? Macchè. Nel team ufficiale HRC viene promosso, strappandolo allo sponsor Movistar che, risentito, abbandona la Honda, Daniel Pedrosa, vincitore degli ultimi 3 mondiali tra le classi 250 e 125. L’iberico è forte, fortissimo, considerato da tutti il nuovo Rossi, colui che metterà fine al dominio dell’italiano e riporterà la Honda in vetta alle classifiche mondiali.
Non sarà così. Ad Hayden viene imposto di fare il tester durante le gare, con una moto prototipo, più piccola di quella degli altri, in vista del passaggio alla 800cc che avverrà l’anno successivo. Nicky non si trova, fa fatica, la moto nuova è costruita su misura per Pedrosa, ma l’americano tace e continua a lavorare, primo ad entrare in pista ed ultimo ad uscire, come suo solito.
Eppure all’inizio dell’anno succede l’impensabile. Hayden lavora, è costante, non commette errori e conquista quattro podi nelle prime quattro gare, che gli valgono, dalla terza gara della Turchia, la leadership in campionato. Nessuno ci crede nell’americano, favorito dalle disavventure di Rossi, dalla poca costanza della Ducati e dall’inesperienza di Pedrosa. L’unico che ci crede, ancora una volta, è Nicky.
La sua costanza prosegue e con la vittoria ad Assen, battendo in volata Colin Edwards, Hayden raggiunge il massimo vantaggio in classifica, ribadito poi con la terza affermazione in carriera nella sua Laguna Seca. Da quel momento, Nicky inizia a crederci ancora di più, ma i rivali, soprattutto Valentino Rossi, si fanno sotto. Fino al Gran premio di Estoril, in Portogallo.
Hayden si presenta con 12 punti di vantaggio su Rossi. Bastano due secondi posti, ad Estoril e poi all’ultima a Valencia, per portarsi a casa il titolo mondiale. Ma Pedrosa la pensa diversamente ed in un assurdo attacco ai danni di Nicky, abbatte il pilota americano, che furioso sa di aver praticamente perso il mondiale. Rossi sembra andare a vincere la gara ed a portarsi a casa i 25 punti ed i 13 punti di vantaggio, ma l’uomo della Provvidenza, Toni Elias, conquista la sua unica vittoria in MotoGP in volata, per pochissimi millesimi.
E’ un segno, per chi ci crede e Nicky ci crede. Ed a Valencia succede l’imponderabile. Rossi cade, Hayden chiude terzo, Valentino riparte e termina in 13esima posizione. “Hard work pays off”, Nicky Hayden, al quarto anno in MotoGP, è campione del mondo. Il primo a battere Valentino Rossi nella classe regina, il primo a riportare alla vittoria la Honda dopo il campione italiano.
E’ tripudio per Nicky, è la vittoria di chi fenomeno non è, di chi continua a lavorare conoscendo i propri limiti, lavorando per non farli esistere, quei limiti. Hayden ha raggiunto il sogno di una vita e per la stagione 2007, la prima in sella alla 800cc, sulla carena spicca il numero 1, il numero del campione del mondo.
Non vincerà più in MotoGP Nicky, la Honda punterà tutto su Pedrosa negli anni successivi e per l’americano il passaggio in Ducati è la situazione migliore. Qualche podio, qualche bella soddisfazione, prima delle parentesi in Aspar e del passaggio in SBK, con – qui si – il ritorno al successo, sotto il diluvio di Sepang.
Il 2017 doveva essere l’anno da cui ripartire, l’anno in cui Honda in SBK avrebbe riportato in gara una moto vincente, una moto in grado di consentire a chi in Superbike ha vinto e dominato in America nei primi anni 2000, di tornare definitivamente al vertice. Non è stato così e tutti sappiamo poi com’è andata a finire.
Una carriera fondata sul grande lavoro, sulle grandi capacità di sviluppo e di collaudo, sulla voglia di non mollare mai di un ragazzo venuto dal Kentucky per diventare campione del mondo di MotoGP. E Kentucky Kid c’è riuscito… Senza cadere nella retorica, semplicemente, da chi ha avuto il piacere di seguire Hayden fin dagli esordi in MotoGP, in ogni gara ed in ogni stagione, beh… Grazie di tutto, Nicky!