Il 21 Marzo, per gli appassionati di motori, è la data di nascita del pilota che, aldilà delle statistiche, ha segnato la storia della Formula Uno moderna e del quale non si potrà mai trovare il vero erede, né in pista, né tanto meno a livello umano.
Lo si è potuto amare alla follia o detestare profondamente, ma davanti ad Ayrton Senna non si poteva restare indifferenti. Oggi, a 23 anni dalla scomparsa del pilota brasiliano, ci rimangono non solo le statistiche, che non rendono completamente onore alla sua grandezza, ma tali e tanti momenti importanti che è quasi impossibile ricordarne uno senza fare dei torti agli altri, perchè Senna non è stato solo un pilota, ma anche uomo in grado di vedere aldilà del suo lavoro.
In questo ha avuto un ruolo fondamentale l’essere nato in Brasile, nella città che più di qualunque altra simboleggia le enormi contraddizioni di questa nazione, San Paolo, e da una famiglia benestante, ma che gli ha insegnato fin da piccolo a non “voltarsi dall’altra parte”.
Rimane celebre una frase pronunciata pochi anni prima della sua scomparsa: “I ricchi non possono vivere su un’isola circondata da un oceano di povertà. Noi respiriamo tutti la stessa aria. Bisogna dare a tutti la stessa possibilità”.
Una frase che testimonia il suo essere cosciente di vivere in una situazione privilegiata e ciò lo portò già durante la sua carriera a destinare gran parte dei suoi guadagni ad iniziative benefiche, senza dare risalto mediatico alla cosa, evitando ogni genere di strumentalizzazione. Ora, questo compito è portato avanti dalla Fondazione Ayrton Senna, costituita dalla sorella Viviane dopo la morte di Ayrton, per esaudire il desiderio del fratello.
Questo suo sentirsi brasiliano fino in fondo lo ha portato a caricarsi del desiderio di riscatto di un intero popolo, che vedeva nelle sue vittorie il proprio successo, ma Senna ha coinvolto milioni di persone in tutto il globo.
A cosa può essere dovuto tutto questo? Probabilmente perché Senna è stato fenomeno in pista, ma uomo come tutti noi, con le sue grandezze, ma anche con le sue debolezze e le sue contraddizioni che lo hanno portato anche a scontri duri con avversari e federazione.
C’è poco o nulla di evangelico nella partenza di Suzuka 90, ma chi di noi non ha mai sognato di rispondere ad un’ingiustizia ricevuta con la stessa identica moneta? Lui lo ha fatto, sfidando l’autorità, uscendone però vincitore davanti agli appassionati, che hanno capito. Come rispetto agli inizi della carriera Senna ha compreso gli errori che l’esuberanza giovanile e l’aggressività un po’ arrogante, di chi vuole arrivare in fretta, gli avevano fatto commettere.
Con alcuni colleghi, come Alboreto e Mansell, ci furono scontri verbali e nel caso dell’inglese anche fisici, a Spa nel 1987, poi con il tempo le cose si chiarirono mentre con Piquet invece i rapporti rimasero sempre freddi anche a causa delle inopportune dichiarazioni che il connazionale aveva rilasciato relativamente alla vita privata di Ayrton.
Ma, aldilà delle simpatie personali, tutti i suoi rivali avevano la consapevolezza di aver a che fare con il migliore, da chi come Brundle duellò con lui nella F3 inglese, a chi in F1 lo ebbe come compagno di squadra o avversario.
Le sue vittorie nelle formule minori, nette e schiaccianti come quella nel Gp Internazionale di Macao, dove trionfò al debutto assoluto in F3, portarono ben presto i principali team manager ad offrirgli l’opportunità di svolgere test in F1.
Il primo con la Williams, quasi un segno del destino, poi McLaren e Brabham, ma il debutto nella massima formula avverrà con la Toleman Hart con la quale otterrà tre podi, ma soprattutto a Montecarlo darà dimostrazione delle sue doti sul bagnato non cogliendo la vittoria solo per la discutibile decisione del direttore di corsa di interrompere la gara, quando ormai Senna si apprestava a superare Prost.
Nello stesso anno, sempre sul bagnato, Senna batte tutti i migliori al volante di una Mercedes 190 E 2.3 in una gara organizzata per l’inaugurazione del nuovo tracciato del Nurburgring.
Questi risultati gli valgono il passaggio alla Lotus motorizzata Renault con la quale in una giornata dal meteo inclemente otterrà la prima vittoria sbaragliando la concorrenza.
E’ negli anni della Lotus che Senna comincerà a collezionare pole position, grazie alle sue doti velocistiche che si esaltano nel giro secco. Nei tre anni alla Lotus, prima Renault, poi Honda, i problemi di affidabilità e di consumo del motore Renault gli impediscono di lottare per il titolo, ma arrivano vittorie entusiasmanti come quella di Jerez per pochissimi millesimi su Mansell o di Spa, circuito per piloti di grande coraggio.
A fine stagione il passaggio alla McLaren, alla quale porterà in dote i motori Honda, consentirà a Senna di coronare il sogno di vincere il titolo, dopo una accesa battaglia con il compagno-rivale Prost, proprio nel gp del Giappone, rimontando furiosamente dopo una pessima partenza.
La coesistenza con il pilota francese si rivelerà ben presto impossibile. Due personalità troppo forti per poter correre nella stessa squadra, Senna, meno abile di Prost nelle relazioni con la Federazione, perderà il titolo con la collisione di Suzuka provocata dal francese e la delusione per l’ingiustizia subita, oltre alla minaccia di ritiro della super licenza per le accuse rivolte al presidente della federazione Balestre (scongiurata solo da una lettera di scuse scritta da Ron Dennis) lo porterà a pensare al ritiro, poi fortunatamente scongiurato.
Nel 1990 a Suzuka, Senna vivrà la sua rivincita, conquistando il secondo titolo. E’ singolare notare che i tre titoli Senna li ha conquistati tutti a Suzuka, quasi a testimoniare il legame particolare con il Giappone.
Dopo la vittoria del 1991, il binomio McLaren Honda non fu in grado di tenere il passo delle formidabili Williams Renault, la Honda uscì di scena e non riuscendo a trovare spazio in quel team per il veto di Prost, Senna rimase alla McLaren dotata del motore Ford meno evoluto rispetto alla versione ufficiale utilizzata dal team Benetton del giovane Schumacher.
Nonostante tutto la stagione fu ottima, cinque vittorie, tra cui quella sul bagnato a Donington, in cui il suo primo giro fu leggendario: in poche curve Senna superò Wendlinger, Schumacher, Hill e Prost prendendo il comando per non cederlo più. Purtroppo il divario con le Williams era troppo elevato e Ayrton si dovette accontentare del secondo posto nel mondiale, ma il ritiro del rivale Prost gli aprì le porte del team Williams per l’anno successivo.
Ma le cose non andarono come Ayrton sperava. Il cambio delle regole con l’eliminazione delle sospensioni attive aveva reso le vetture instabili e pericolose. Senna aveva cercato di mettere in guardia la Federazione, ma non era stato ascoltato. Ci sarebbe stato molto lavoro da fare per rendere vincente la Williams, ma purtroppo Ayrton non ne ebbe il tempo.
Si è molto fantasticato sui pensieri che aleggiavano nella mente di Senna dopo gli incidenti di Barrichello e di Ratzenberger, sul fatto che non fosse in condizione di correre o non se la sentisse. Se avesse voluto avrebbe potuto fermarsi, ma la competizione faceva parte della sua vita.
Non poteva immaginare che il piantone dello sterzo, per effetto di una sciagurata ed approssimativa modifica, lo tradisse mentre era al comando della corsa. Perché da numero uno ha vissuto e da numero uno se ne è andato.
57 anni dalla nascita, 23 dalla morte. Ma Senna vive e vivrà per sempre.