Gianclaudio Regazzoni, meglio conosciuto come Clay, è stato uno dei piloti simbolo degli anni Settanta. Veloce, spregiudicato, sia in pista che al di fuori del tracciato, in un periodo nel quale i piloti erano trasgressivi, amanti della bella vita, dei divertimenti, quasi a voler esorcizzare i pericoli della loro professione e non facevano mistero delle loro distrazioni.
Ma Clay fu un pilota di grande talento, eclettico, perché fin dagli inizi della sua carriera si cimentò con ogni tipo di vettura e di competizione, dalle cronoscalate, alle ruote scoperte, ai prototipi, cogliendo successi in ogni categoria.
I maggiori risultati arrivarono in Formula 2, della quale Regazzoni fu campione europeo nel 1970 con la Tecno e questo successo gli spalancò le porte della F1 dall’ingresso principale, la Ferrari, con la quale ottenne dopo pochi mesi la sua vittoria più bella, nel Gp d’Italia, in quello che, anche per lui, ticinese di nascita ma italiano in tanti aspetti, era il gran premio di casa.
In quell’anno giunsero altri tre podi ed il terzo posto in campionato. Purtroppo nei due anni successivi, la scarsa competitività della Ferrari gli impedì di ottenere risultati di rilievo, solo alcuni podi, frutto della sua capacità di sapere ottenere il meglio dalle vetture a sua disposizione.
Le soddisfazioni arrivarono dal mondiale Endurance, dove oltre alla vittoria alla 1000 km di Monza e alla 9 ore di Kyalami, Regazzoni contribuì alla conquista del titolo mondiale del 1972. L’anno successivo, a causa dei risultati deludenti , lasciò la Ferrari e si trasferì alla Brm, dove si trovò ad avere come compagno di squadra un giovane ed arrembante pilota austriaco, Niki Lauda, due caratteri molto diversi, ma all’apparenza compatibili.
Quando a fine anno si presentò la possibilità di tornare in Ferrari, Clay suggerì al Commendator Ferrari di prendere come suo compagno proprio quel Niki. Regazzoni non poteva immaginare che in quel momento, con quel consiglio, stesse gettando le basi delle sue delusioni.
Il mondiale che andava a cominciare si preannunciava incerto: Stewart si era ritirato e dopo la scomparsa di Cevert, la nuova coppia della Tyrrell composta da Scheckter e Depailler era un’incognita, mentre Fittipaldi, preoccupato dalla fragilità delle Lotus di Chapman si era trasferito alla McLaren.
Alla Lotus il nuovo progetto JPS 76 si era rivelato fallimentare, mentre la nuova Ferrari 312 B3 74 sembrava nata bene e grazie alla sua regolarità Clay si trovò in lotta per il titolo.
Ben presto esplose la rivalità con Lauda, che costò a Regazzoni una probabile vittoria, quando, innervosito dall’austriaco, Clay andò in testacoda mentre era al comando.
Lauda non era solo un pilota di grande classe, ma anche un abile politico, che godeva delle simpatie del giovane direttore sportivo della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, che dal canto suo non faceva mistero della sua preferenza per Niki.
Tutta la stagione fu improntata sul dualismo tra i piloti Ferrari, mentre Fittipaldi, grazie alla sua costanza, riuscì prima dell’ultima gara a raggiungere Regazzoni in testa al campionato. Lauda era ormai tagliato fuori, mentre l’unico che aveva ancora qualche possibilità era il giovane sudafricano Jody Scheckter, autore di un’ottima stagione con la Tyrrell.
Il 6 Ottobre sul circuito di Watkins Glen, in un Gp tragico per la morte del promettente pilota austriaco Helmut Koinigg, passata quasi sotto silenzio, si materializzò il dramma sportivo del generoso pilota elvetico, che dopo prove molto travagliate, in gara al volante di una vettura inguidabile non riuscì a contrastare Fittipaldi, che con un quarto posto si laureò campione, regalando alla McLaren il primo titolo della sua storia.
Molte cose sono state dette in seguito sull’esito di quel campionato, i media dell’epoca accusarono la Ferrari di non aver fatto tutto il possibile per aiutare Regazzoni, che nonostante fosse in lotta per il titolo non potè in quella gara disporre del muletto, destinato a Lauda. L’assenza ai box dell’ingegner Forghieri, progettista della vettura, che giunse al Glen a prove concluse per un problema con il visto sul passaporto, apparì a molti quanto meno come un’imperdonabile leggerezza ed in tanti pensarono che Regazzoni non fosse il pilota deputato a riportare il titolo a Maranello.
Purtroppo Clay non ebbe più occasione per rifarsi: negli anni successivi con il formidabile progetto 312 T, il binomio Lauda-Ferrari, grazie anche ad una squadra completamente concentrata su di lui, divenne imbattibile, solo l’incidente al Nurburgring nel 1976 impedì al pilota austriaco di vincere tre titoli consecutivi e Regazzoni divenne a tutti gli effetti una seconda guida, fino a quando le strade si separarono.
Ci furono per lui due stagioni anonime con Ensign e Shadow, quest’ultima ormai in declino, poi nel 1979 il passaggio all’emergente Williams gli regalò l’ultima gioia in F1, con l’ultima vittoria nel Gp d’Inghilterra, che fu il primo successo per la scuderia di Frank Williams.
Ironia della sorte volle che essendo sponsorizzata dagli arabi, Clay, simbolo del pilota gaudente per eccellenza, non potè brindare con lo champagne. Nonostante l’ottima stagione disputata il team Williams non lo confermò e l’anno successivo Regazzoni tornò all’Ensign, che con la disponibilità dello sponsor Unipart voleva fare le cose in grande.
L’inizio fu molto difficile, ma durante il Gp di Long Beach, dalla penultima posizione in griglia Clay risalì fino alla quarta posizione, quando il cedimento dei freni lo portò a schiantarsi contro la Brabham di Zunino ferma nella via di fuga. Le lesioni alla colonna vertebrale e un intervento sbagliato lo costrinsero alla sedia a rotelle, ma il suo spirito battagliero non svanì.
Ripresosi, disputò ancora gare con auto con i comandi modificati e dedicò tutte le sue energie al mondo della disabilità, sempre con il sorriso sotto i suoi famosi baffi, fino a quando un incidente autostradale non lo portò via nel 2006, all’età di 67 anni.
Grazie Clay della tua umanità e della tua simpatia che ti ha reso campione nello sport e nella vita, anche senza quel titolo mondiale, che, senza dubbio, avresti meritato.