Domenica 25 Aprile 1982, la Formula Uno, lacerata da polemiche, squalifiche e ricorsi, arriva ad Imola in un clima surreale. Dopo le squalifiche delle vetture di Piquet e Rosberg, che hanno rivoluzionato l’ordine d’arrivo del Gp del Brasile, le scuderie inglesi decidono di disertare l’appuntamento di Imola, per la necessità di rendere conformi le loro monoposto. Dovranno eliminare i serbatoi nei quali a fine gara viene rabboccata l’acqua che consente di riportare le vetture nei limiti di peso.
Dopo estenuanti trattative, l’accordo non viene trovato e ad Imola si presentano solo sette scuderie, Ferrari, Renault, Alfa Romeo, Osella, ATS e le inglesi Tyrrell e Toleman, che, legate a sponsor italiani ed avendo tra i loro piloti Michele Alboreto e Teo Fabi, non se la sentono di disertare l’appuntamento. Solo quattordici vetture in pista, in realtà tredici per il forfait della Toleman Hart di Derek Warwick, ma sarà una delle gare più spettacolari nella storia della Formula Uno.
Le prove del sabato hanno dato un esito chiaro: le velocissime, ma non sempre affidabili, Renault hanno monopolizzato la prima fila, seguite dalle Ferrari di Villeneuve e Pironi. Gli altri sono lontani, ma i complimenti sono tutti per il giovane Michele Alboreto che con il quinto tempo precede le più quotate Alfa Romeo. Alla partenza le posizioni rimangono invariate, ma ben presto Villeneuve e Pironi superano Prost, che dopo pochi giri sarà costretto al ritiro per noie elettriche.
Comincia l’inseguimento ad Arnoux ed alla ventisettesima tornata Gilles prende il comando, ma Arnoux non cede e dopo pochi giri si riprende la testa, con Pironi che si porta in seconda posizione, anche se per poche curve. Da questo momento inizia una battaglia tra i due piloti della Ferrari che si alternano più volte le posizioni, fino a quando la Renault di Arnoux si ferma.
In quel momento Villeneuve è al comando e dal muretto del box Ferrari viene esposto il cartello “SLOW”, per suggerire ai piloti di calare il ritmo e mantenere le posizioni. Ma Pironi ha troppa voglia di vincere e supera Villeneuve, il quale pensa che il suo compagno voglia solo fare un po’ di spettacolo per il pubblico, ma che poi gli restituirà la posizione. Comincia una serie spettacolare di sorpassi, che entusiasmano il pubblico e creano ansia nel box Ferrari.
Il terzo in classifica è molto lontano, per cui non è necessario prendersi certi rischi ed inoltre bisogna stare attenti al consumo di benzina, ma i piloti non sentono ragioni e continuano a battagliare fino all’ultima staccata, che sarà di Pironi, per la sua prima vittoria con la Ferrari. All’arrivo il clima di festa si trasforma in gelo. Villeneuve si sente tradito da Pironi, ma anche dal direttore sportivo Piccinini, che non vede nulla di sconveniente nel comportamento del pilota francese.
Sul podio l’unico felice è Alboreto, terzo al traguardo, mentre i due compagni di squadra si ignorano, non rivolgendosi la parola. Nei giorni successivi Gilles chiederà un colloquio ad Enzo Ferrari, dal quale si recherà accompagnato dal suo grande amico Jody Scheckter, il pilota da lui aiutato nel 1979 a diventare campione del mondo.
Gilles era un uomo leale, quando capì che non poteva più vincere il titolo, senza che nessuno lo obbligasse, aiutò il pilota sudafricano e in cuor suo sperava che, ora che grazie al suo lavoro la Ferrari era tornata competitiva, fosse riconosciuto il suo ruolo di pilota di punta.
Enzo Ferrari capiva il suo stato d’animo, ma essendo stato lui stesso pilota, capiva anche Pironi e la sua voglia di vittoria. Forse il tempo avrebbe riportato un minimo di serenità, ma il destino aveva deciso diversamente: in un clima di tensione, si arrivò a Zolder ed il sabato ad otto minuti dalla fine delle prove ufficiali Gilles uscì dalla corsia dei box per un ultimo tentativo di portare la sua Ferrari davanti a quella del suo ormai ex amico Didier Pironi, ma un malinteso con il pilota Jochen Mass gli fu fatale.
Soccorso in condizioni disperate fu portato all’ospedale di Lovanio, dove in serata il suo cammino terminò.
Un uomo onesto, che non accettava compromessi, ma soprattutto un pilota dotato di classe, grande generosità e coraggio, sempre pronto ad andare al limite, caratteristiche che lo hanno fatto diventare il beniamino di milioni di appassionati. Famoso in quegli anni il fenomeno della Febbre Villeneuve. Purtroppo, le statistiche non gli rendono il giusto onore, ma l’affetto che a distanza di tanti anni ancora lo circonda, ne testimonia la grandezza.
Forse, quell’aura di mitico che ancora rappresenta la figura di Gilles Villenueve, guardando ora, vale ancora di più di un titolo mondiale.