Si è conclusa domenica scorsa la quarta gara della stagione 2017 del Motomondiale e per la classe Moto3, quella dei giovani talenti delle due ruote che animeranno il futuro del motocliclismo, la vittoria dello spagnolo Aron Canet, in volata su Romano Fenati e Joan Mir, ha sancito la quarta affermazione Honda, su quattro appuntamenti, con addirittura 4 podi dominati dalla casa giapponese.
La classifica generale dice Honda prima con 100 punti, mentre la KTM non arriva alla metà di quelli dei rivali, fermandosi a 47, ad addirittura 53 lunghezze di distacco da quella moto che in questo momento sembra essere inarrivabile per chiunque.
Numericamente parlando, la Honda può vantare 8 Team per un totale di 15 piloti, mentre la casa austriaca si ferma a 6, con 10 piloti ed un paio di wildcard nel corso dell’anno. Numeri simili, dunque, considerando comunque che alcuni dei team che utilizzano Honda sono sembrati abbastanza in difficoltà nei primi appuntamenti, nonostante il mezzo – sulla carta – superiore.
Ma come si spiega che l’anno scorso KTM, grazie soprattutto a Brad Binder, ma anche a Romano Fenati e Joan Mir, abbia portato a casa un totale di 9 vittorie contro le sole 5 della Honda (3 furono Mahindra, ndr) e quest’anno non solo non abbia ancora vinto un singolo appuntamento, ma neanche piazzato un pilota sul podio?
Miglioramento Honda? Sicuramente. Il motore 2017 della casa giapponese è migliorato molto, arrivando al livello di quello austriaco, conosciuto per essere – forse – il migliore sulla piazza, mentre dal punto di vista del telaio, come confermato anche da Romano Fenati, la Honda è “più prestazionale e più facile da mettere a punto, oltre ad adattarsi meglio ai cambiamenti climatici, a cui la KTM invece è più sensibile”.
Eppure, e la gara di Jerez non ha fatto altro che confermare i personalissimi dubbi di chi scrive, qualcosa non quadra. Quello della Honda non è un vantaggio di moto tale da dire “sono inarrivabili”, come invece – per fare un esempio – si potrebbe dire della F1, con Mercedes e Ferrari per tutte le altre, oppure – restando in Moto3 – per la Mahindra, molto indietro in questo 2017 ed effettivamente lontanissima con i suoi piloti dalla testa del campionato.
Sul circuito spagnolo abbiamo visto due piloti, giovani e senza grande esperienza di lotta al vertice, restare in testa alla corsa complessivamente quasi per la metà dei giri e dar grande fastidio anche alle migliori Honda, e stiamo parlando di Marcos Ramirez e Darryn Binder, fratello di Brad ed ultimo vincitore in Moto3 per KTM, in sella alle loro due moto austriache, preparate dal Team Platinum Bay di Fiorenzo Caponera.
Bravissimo e bravissimi i piloti, ma sicuramente senza il budget e le possibilità di due colossi del Mondiale, come Red Bull KTM Ajo e SKY Racing Team VR46, quelli che in teoria sarebbero i team con i piloti di punta della casa austriaca e che invece faticano molto in questo inizio di stagione.
E quindi la domanda sorge abbastanza spontanea. Perchè un rookie come Marcos Ramirez può permettersi di dar grande fastidio alle Honda (e se non si trova all’esterno “beffato” da Mir sul rettilineo di Jerez, chissà come va a finire…) fino all’ultima curva e invece altri piloti si trovano molto più indietro con lo stesso mezzo e con team – sulla carta – più ufficiali?
In rigoroso ordine cronologico, sono stati Joan Mir, John McPhee, Jorge Martin, Romano Fenati, Fabio Di Giannantonio e Aron Canet a conquistare i podi per la Honda, in queste prime 4 gare dell’anno. Sei piloti di cui 4 già vincitori di almeno una corsa in Moto3, uno – Martin – campione Red Bull Rookies Cup nel 2014, ed un altro, Di Giannantonio, grande protagonista della stagione passata.
Sei piloti forti, a cui vanno aggiunti sicuramente Enea Bastianini, secondo lo scorso anno ma in difficoltà in questo inizio, e Livio Loi, compagno di squadra di Mir in Leopard e già vincitore di una corsa nel 2015, per quanto condizionata da un meteo abbastanza particolare. Una “squadra” dunque forte e compatta quella della Honda, a cui poi aggiungere anche i giovani rampanti come Arbolino, in crescita.
KTM, forse, non ha tanta qualità in meno presi come singoli, ma non ha tutte queste “frecce” nel suo personale arco. Niccolò Antonelli e Niccolò Bulega sono due – peraltro italiani – dei migliori piloti in circolazione, ma se il primo ancora fatica ad adattarsi ad una KTM mai “amata”, nemmeno nel 2014 con Gresini, il secondo sembra forse patire un po’ troppo quella nomea di “Nuovo Valentino Rossi” e tutta la pressione addosso nel momento in cui – da metà anno scorso – è diventato il numero uno del Team dopo la querelle con Romano Fenati.
Numero uno KTM che al momento risulta essere l’esperto Andrea Migno, che pur senza eccellere è il primo dei piloti non Honda nella classifica della Moto3, distanziato però di quasi 40 punti dal leader Joan Mir, passato – guarda caso – da KTM ad Honda nel corso dell’inverno assieme al Leopard Racing.
E non ce ne voglia Bendsneyder, ottimo pilota ma ancora acerbo ed un po’ in difficoltà anche fisica in questo inizio, non ce ne vogliano i due “cavalli pazzi” del Team RBA di Aleix Espargaro, Juanfran Guevara e Gabriel Rodrigo, non ce ne voglia il bravo Philipp Oettl, a cui peraltro va un augurio di pronta guarigione per la frattura alla clavicola rimediata a Jerez, ma non stiamo parlando di piloti in grado – per il momento – di ambire al titolo mondiale.
Che qualche dubbio si stia insinuando anche nella mente degli addetti ai lavori è dimostrato dall’ingaggio, da parte del Team Ajo, di Danny Kent, come collaudatore, ma subito in pista domenica prossima a Le Mans, per il quinto appuntamento. Il britannico, campione del mondo Moto3 nel 2015 con Leopard ed Honda, avrà l’ingrato compito di “valutare” l’operato dei piloti KTM, perchè è chiaro che se dovesse essere Kent a conquistare il primo podio (o vittoria) per la casa austriaca nel 2017, sarebbe una bella bocciatura per i piloti che han corso finora.
Difficile, ma non impossibile che il pilota inglese diventi, fin dalla prima wild card, il punto di riferimento KTM. Come possibile che le nostre siano soltanto congetture sbagliate e che i piloti KTM si riprendano e di pari passo con lo sviluppo della moto tornino in auge come nella passata stagione.
Certo è che il dubbio rimane, quel dubbio che attanaglia anche osservando le classifiche dello scorso anno, quando, tolto Brad Binder, gli attuali piloti KTM finirono abbastanza distanziati anche dal secondo classificato, che fu Enea Bastianini.
Allo stesso tempo va rimarcato, Honda un piccolo vantaggio di mezzo ce l’ha, ma non così grande da giustificare un così stratosferico dominio nelle prime prove. Bensì, il pacchetto moto + pilotà, Honda con alcuni dei suoi centauri, ha dimostrato un enorme vantaggio, del resto parliamo o di piloti molto esperti che hanno dimostrato di aver bisogno della situazione giusta per rendere al meglio, vedi Fenati o Martin, o di due giovani rampanti come Joan Mir, predestinato, e Aron Canet, che ricordiamo come nel 2015 solo un infortunio a due gare dal termine gli impedì di conquistare il Mondiale Junior, poi andato a Bulega.
Attendiamo dunque risposte, ma senza voler trarre conclusioni affrettate e senza nulla togliere ai piloti KTM, forse, la casa austriaca quest’anno – reduce dall’annata straordinaria di Binder – ha pensato di aver un vantaggio tecnico che invece non è mai esistito, con l’esperto sudafricano a farla da padrone, e non ha puntato troppo sulla scelta di più piloti forti, affidandosi a quelle 3/4 punte che però stanno deludendo.
Ed ora non resta che attendere il quinto round a Le Mans, per vedere se l’andamento fino ad ora troverà un cambiamento, oppure se Honda continuerà a dominare, monopolizzando vittorie e podi. Ancora una settimana e ne sapremo di più…