Il Gp del Canada porta come sempre con se un ricordo struggente, quello di Riccardo Paletti, un giovane pilota milanese al debutto in Formula 1. La sua vicenda ricorda in parte quella di un altro pilota assurto alla memoria di tutti per il tragico weekend di Imola, Roland Ratzenberger, ma la similitudine si limita all’unica gara disputata, prima dell’incidente fatale.
Per età ed esperienza nel mondo delle corse, non è possibile trovare altri punti di convergenza. Dopo essersi dedicato alle arti marziali e allo sci, solo a diciannove anni, Paletti si avvicinò all’automobilismo, debuttando in Formula SuperFord con buone prestazioni ma senza concretizzare risultati.
L’anno successivo ci fu il passaggio alla F3, ma si trattò di una stagione deludente, che tuttavia non gli impedì, grazie allo sponsor che lo appoggiava, di debuttare in F2 con il team Onyx con il quale arrivarono i primi significativi risultati. Paletti avrebbe preferito continuare in F2, ma lo sponsor spinse per portarlo in F1 e per la stagione successiva si concretizzò il contratto con il team Osella, una piccola scuderia torinese con grande esperienza nell’ambito dei prototipi, ma da pochi anni in Formula Uno con molte difficoltà e pochi risultati.
Già dai test invernali disputati con la vettura dell’anno precedente, Riccardo si trovò ad affrontare enormi problemi, anche perché la squadra era concentrata sul primo pilota , l’esperto francese Jean Pierre Jarier, mentre Paletti avrebbe avuto bisogno di maggiori attenzioni, visto la poca esperienza dovuta ad una carriera sviluppatasi troppo velocemente.
Inoltre le formula uno dell’epoca erano vetture difficili da mettere a punto e da guidare, con un effetto suolo molto esasperato. Con l’inizio del campionato anche Paletti potè disporre della nuova vettura, ma nei primi gran premi il pilota milanese non riuscì a qualificarsi. Riuscì a debuttare solo nell’appuntamento di Imola, quando a causa del boicottaggio di quasi tutte le scuderie inglesi, solo 14 vetture presero il via.
Una gara che durò pochi giri per un problema tecnico, ma che servì a rompere il ghiaccio. Purtroppo le difficoltà non erano terminate: seguirono altre due non qualificazioni e i rapporti con la squadra cominciarono a farsi difficili, specialmente dopo che a Detroit, ottenuta la qualificazione, la perdita di una ruota durante il warm up lo fece finire contro le barriere e la non disponibilità del muletto, gli impedì di prendere il via.
Una settimana dopo in Canada arrivò un’altra qualificazione: il pilota dai grandi occhiali, segno di riconoscimento in quanto unico in F1 a guidare con essi, stava progredendo, dimostrando di non essere li per caso. Ma la sorte aveva disegnato un finale diverso: alla partenza della gara la Ferrari di Pironi, che in prova ha segnato il miglior tempo rimane ferma sulla linea di partenza, il pilota francese si sbraccia per segnalare il problema e quelli che sono nelle sue vicinanze riescono a schivarlo, ma dietro la visuale è molto diversa.
Chi parte dietro inoltre arriva molto veloce, il pilota davanti a Riccardo scarta all’ultimo momento, mentre Paletti non riesce a schivare la Ferrari e si schianta colpendola nel retrotreno. Arrivano subito i soccorsi e mentre gli addetti si affannano per estrarre il pilota, l’auto prende fuoco.Una volta spento l’incendio, si capisce subito che la situazione è gravissima.
Il pilota viene trasferito in ospedale ma ogni tentativo di salvarlo è inutile, troppo grave il trauma toracico e le lesioni interne provocate dall’urto. Particolare ancora più triste è che al box è presente la mamma di Riccardo, giunta a Montreal per seguire il figlio, che pochi giorni dopo avrebbe compiuto ventiquattro anni. Una gara triste che parte dopo più di un’ora e che verrà vinta da Nelson Piquet che porta al successo per la prima volta la Brabham motorizzata Bmw, una settimana dopo la clamorosa non qualificazione di Detroit.
Chissà cosa sarebbe stato di questo sfortunato pilota milanese se fosse riuscito a schivare la Ferrari di Pironi o se lo sponsor avesse assecondato il suo desiderio di rimanere un altro anno in F2 per accumulare esperienza. Non potremo mai avere una risposta, ma nella sua breve esperienza nel mondo delle corse, chi lo ha conosciuto parla di Riccardo come di un pilota riflessivo ed attento ad ascoltare i consigli che gli venivano dati, specialmente dal suo compagno di squadra Jarier, grazie al quale l’Osella stava progredendo e di una persona educata e timida, poco incline al protagonismo, ma schietta e sincera.
Dopo la sua scomparsa perchè non venisse dimenticato è stato intitolato alla sua memoria il circuito di Varano de Melegari ed è stato istituito un premio destinato ai giovani piloti che si sono messi in evidenza nel mondo delle corse, perché nessuno ha dimenticato il ragazzo dai grandi occhiali che inseguiva il suo sogno.